Sab 4 Maggio 2024

Apple Final Cut Pro X

(Estratto da Tutto Digitale 74 – Febbraio 2012) 

 

Final Cut Pro X guarda al futuro dell’editing, con la pretesa di orientarne gli sviluppi di domani. Gli utenti di oggi, però, accusano l’azienda di poca attenzione alle esigenze dei professionisti: un mercato forse troppo piccolo per Apple?

Final Cut è uno dei software di editing di livello professionale più diffusi. Secondo Apple, sono due milioni le copie ufficiali installate sui Mac di tutto il mondo, con una quota di mercato di circa il 60% e – sempre secondo l’azienda – una soddisfazione dei consumatori pari al 94%. In effetti, dagli studi di post produzione cinematografica alle workstation dei videomaker, il software della Mela è un protagonista indiscusso.

Nato alla fine degli anni ’90 da un progetto di Macromedia e subito dopo acquistato dall’azienda di Cupertino, Final Cut è passato attraverso molte rivoluzioni, dall’introduzione del DV, al cambio tra OS Classic ed OS X, al supporto dell’HD – prima su nastro e poi su schede – fino all’integrazione con altri potenti strumenti per l’audio, la grafica animata, gli effetti, il conforming e la codifica, inclusi nella suite Final Cut Studio.

Di fronte ai molti cambiamenti tecnologici e di mercato, Apple ha deciso di abbandonare il vecchio codice e di riscrivere dalle fondamenta il nuovo Final Cut Pro X, per portare nelle mani degli editor i vantaggi dell’architettura a 64 bit, ormai di serie sulle sue macchine, e non solo. Nelle intenzioni dell’azienda, infatti, questa è la prima uscita di un prodotto in grado di ridefinire – proprio come fece Avid più di vent’anni fa – il modo di fare montaggio.

Un look magnetico

 

Le novità di Final Cut Pro X sono molte e riguardano vari aspetti, a partire dall’acquisto, ora possibile solo con download dal Mac App Store: addio alle scatole, dunque, con qualche lacrima di chi ama il possesso fisico della materia. E addio anche al “mela-S”, il comando per salvare il lavoro, visto che il software salva da solo ogni singolo passaggio.

L’interfaccia, completamente ridisegnata, è ora dominata dalle tonalità più scure del grigio metallo. L’impatto con l’area di lavoro può in primo momento lasciare disorientati. Dopo un periodo di ambientamento – francamente non così breve come era lecito attendersi – la nuova disposizione degli spazi risulterà intuitiva e ben organizzata: siamo in presenza di un programma che agisce in modo nuovo nel settore in cui opera, e dunque qualche differenza sostanziale con il passato o con gli altri software è da mettere in conto. Ad esempio, l’interfaccia presenta una sola finestra di viewer, dove vengono mostrate l’anteprima delle clip e quella della timeline: passando con il mouse sopra i materiali – ovunque si trovino – l’utente può visualizzare una preview dei materiali, con il cosiddetto skimming, che può essere anche disabilitato dal menu. In caso di utilizzo di un doppio monitor, l’utente può mandare sul secondo display la finestra di viewer oppure il browser.

La novità più appariscente è la cosiddetta Magnetic Timeline, una versione senza tracce dello spazio di lavoro, in cui gli elementi si organizzano in maniera dinamica: se infatti si sposta una clip sopra un’altra, la seconda andrà a riposizionarsi su una traccia (ma il termine è improprio, perché rimanda alla staticità del vecchio spazio di lavoro) libera, senza problemi di connessioni fra media, e senza perdere la connessione con l’audio ed eventuali altri elementi collegati. Inoltre, tutte le altre clip si muoveranno a chiudere il gap lasciato dal primo spostamento. Grazie alle Clip Connections è

facile associare insieme ripresa principale e b-roll (coperture, detto all’italiana…) e tenere sempre organizzati questi materiali. Per semplificare la vista e per applicare operazioni ripetute a molte clip fra loro collegate in una sequenza, è possibile creare una Compound Clip, una versione più moderna ed agile delle vecchie sequenze nidificate. In ogni momento queste clip possono essere espanse, modificate al loro interno e di nuovo collassate in un’unica clip.

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“Sembra un iMovie in versione Pro”: molti utenti hanno sintetizzato il loro giudizio sul programma in questo modo, ed in effetti la prossima caratteristica dell’interfaccia che analizziamo in queste righe ci spinge ancora più in là, addirittura fino alla versione di iMovie per iPad, che abbiamo provato di recente su Tutto Digitale. Stiamo parlando dell’editor di precisione, il vecchio trim utilizzato per regolare di fino il passaggio da un clip alla successiva. In Final Cut Pro X, l’operazione si svolge direttamente sulla timeline, cliccando sullo stacco fra le clip. Con un’animazione accattivante (il software è basato su Cocoa e si vede…) le due tracce si sovrappongono e mostrano la loro estensione anche al di là di out ed in, lasciando all’utente la possibilità di spostare il punto di taglio a piacimento. Passando il mouse nella traccia compresa fra le due clip si avrà una preview del taglio. Deciso il punto giusto, si può chiudere l’Inline precision editor o passare al taglio successivo.

Per confrontare diverse clip in maniera rapida ed interattiva (osservando cioè gli effetti di ogni clip all’interno della timeline stessa) è disponibile Auditions, un pop up dove vengono raggruppate dall’utente diverse clip: più take della stessa inquadratura, coperture differenti o vari tentativi di color… Quando si selezionano le varie clip, la timeline si modifica di conseguenza, per valutare gli effetti delle modifiche da apportare.

Altra graditissima novità è uno strumento di retiming finalmente intuitivo, per gestire ralenti e slow motion senza impazzire con grafici e curve.

Il contenuto al centro

 

Una delle variazioni di base forse meno evidenti, ma a nostro avviso più importanti, è quella che porta i contenuti al centro del lavoro dell’editor. La finestra browser, infatti, mostra i media organizzati in eventi e permette l’accesso a tutti i file multimediali presenti nel sistema.

Oltre alla nuova organizzazione dei media intorno agli eventi e non in base ai progetti, Final Cut Pro X offre una nuova soluzione per quanto riguarda l’organizzazione dei materiali. L’utente può infatti taggare i media a suo piacimento, utilizzando le keywords, cioè parole chiave che descrivono il contenuto. In questo modo è possibile attribuire ad una clip, o a parte di essa, una o più parole chiave che permetteranno poi di recuperare i media relativi con un semplice click: nella finestra browser, infatti, ogni parola chiave è elencata sotto l’evento relativo, e mostra tutti i contenuti taggati.

Le parole chiave possono essere impostate dall’utente oppure estratte dai metadata delle clip importate nel sistema. In questo, ci sentiamo di affermare che il programma di Apple mostra una vera marcia in più, analizzando in background durante l’importazione tutta una serie di caratteristiche dei materiali: codec, frame rate, presenza di audio e tutta una serie di dati ed attribuendo una keyword specifica. In più, l’analisi può essere estesa al taglio dell’inquadratura o alle persone presenti nel video: in questo modo, le keywords possono anche dare origine ad elenchi dinamici di contenuti, le cosiddette Smart Collections. Quando una nuova clip con una determinata caratteristica viene aggiunta, l’elenco si aggiornerà automaticamente.

Passando dagli interventi di organizzazione del contenuto a quelli di correzione, sempre in backgroud il programma può identificare il rolling shutter o le parti che hanno bisogno di stabilizzazione, di interventi sul colore o sull’audio, per poi lasciare all’utente la scelta su quali correttivi applicare. Tutte queste analisi avvengono senza provocare rallentamenti al lavoro: le clip sono subito disponibili e il sistema si dedica all’analisi solo quando il software non è impiegato dall’utente, sfruttando anche le pause di pochi istanti. Questo accade anche per tutte le attività di rendering, con un indicatore al centro dello schermo che offre la visualizzazione istantanea dell’avanzamento del lavoro.

Sempre prima dell’importazione si può decidere se acquisire i media in formato nativo oppure ottimizzato (cioè in ProRes 422) ed ancora impostare la creazione di file proxy in ProRes e a risoluzione ridotta: questa è un’operazione molto utile se si prevede di lavorare su un portatile, che ha potenza e capacità di storage più limitate. Le trascodifiche possono essere anche avviate in secondo momento.

Final Cut Pro X gestisce in nativo un numero di formati più ampio del passato, ad iniziare dall’H.264, popolare grazie alle videoreflex e supportato anche nella versione impiegata dalle camere GoPro, e dall’AVCHD: per il secondo abbiamo notato anche una maggiore flessibilità di importazione, con il modulo Camera Import che è stato in grado di aprire anche cartelle AVCHD modificate, illegibili nella versione 7. Tra le operazioni di gestione dei media, segnaliamo la creazione di archivi, pensata per il salvataggio veloce del girato da schede di memoria.

Altri formati con cui è possibile lavorare in nativo sono tutta la famiglia ProRes – dal proxy al 4444 – l’AVC-Intra, l’HDV, IMX, XDCAM ed XDCAM EX (anche in versione JVC), Canon XF (con ingest tramite plug-in) e non compresso SD ed HD ad 8 e 10 bit. Manca invece il supporto nativo per i file R3D generati con le Red, e questa è una lacuna importante, specialmente per i professionisti, che saranno costretti a trascodificare le immagini in ProRes con il software della casa produttrice.

Si fa sentire anche l’assenza del multicam, che sarà però incluso in un prossimo aggiornamento; per ora si possono usare le Compond Clip per aggirare il problema con qualche compromesso, ma di certo il rilascio di un modulo dedicato non potrà attendere molto…

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È solo un iMovie Pro?

 

Durante la prova abbiamo potuto verificare l’aumento delle prestazioni in tutte le fasi del lavoro. Le anteprime sono in tempo reale, anche sullo skimming, e il rendering costante in background abbatte i tempi di calcolo finale del lavoro. La reattività del software è molto buona così come la sua stabilità: il lavoro di riscrittura con architettura a 64 bit per l’utilizzo di tutta la RAM installata, e la gestione integrata di CPU e GPU, sono un investimento proficuo e conferiscono a Final Cut Pro X una velocità niente male.

Gli effetti disponibili sono molti e l’anteprima in real time anche sullo skimming velocizza il lavoro di selezione e scelta. Anche la color correction, un passaggio sempre più cruciale in qualsiasi produzione, ha un nuovo approccio molto intuitivo, che parte dall’analisi iniziale della clip, passa attraverso strumenti semi automatici come il match color – davvero impressionante – e finisce con aggiustamenti di fino, che includono mascheramento e tracking con keyframe. Certo, in campo cinematografico sarà un problema l’assenza di esportazione in EDL (che potrà però essere aggirata tramite futuri software di terze parti) o la difficoltà di comunicazione con programmi dedicati alla color, ma per tutto il resto del parco utenti i vantaggi sono innegabili. Già mentre scriviamo sono disponibili alcuni plug-in di terze parti per l’esportazione dell’audio via OMF ed AAF. Proprio la sezione audio ha visto ulteriori potenziamenti, con editing subframe, controllo dei fade, sincronizzazione automatica di video ed audio esterno con confronto delle forme d’onda e strumenti di correzione dei problemi più frequenti.

La condivisione dei filmati, infine, può avvenire in diversi modi, a partire da quattro impostazioni ottimizzate per iPhone, iPad, Apple TV o Mac&PC. Presenti anche i collegamenti diretti con Facebook, Vimeo, YouTube e Cnn iReport, un servizio molto popolare negli USA.

Con il comando Export Movie si può salvare il filmato, con tempi di attesa irrisori se si sceglie il ProRes. Le opzioni presenti non sono moltissime, e per avere una gamma di personalizzazioni più ampia è necessario utilizzare Compressor. Appaiono invece limitate le opzioni per la creazione di media ottici Blu-ray e DVD, con pochissime possibilità di gestione dei menu. Visto che DVD Studio Pro non sarà più aggiornato (e in realtà non lo era più già da un po’…) era lecito attendersi qualche cosa in più.

Oltre a Final Cut Pro X, sono state aggiornate anche Motion e Compressor, su cui torneremo in dettaglio in futuro: come anticipazione segnaliamo che con Motion – applicazione ridisegnata nell’architettura e nell’interfaccia – si possono realizzare grafiche aperte, con possibilità di rendere accessibili al montatore alcuni parametri, modificabili direttamente da Final Cut.

Compressor, invece, integra la tecnologia Qmaster per il rendering distribuito e supporta il live streaming HTTP.

Le molte polemiche legate all’uscita del nuovo software sono giustificate da alcune assenze importanti, significative per chi lavora nel cinema. Per tutti gli altri utenti, però, il nuovo approccio di lavoro – che richiede qualche sacrificio iniziale per l’apprendimento – porterà nel medio termine grandi benefici. La richiesta di video è oggi in costante aumento, ed i professionisti hanno bisogno di strumenti versatili, veloci e potenti, ed in grado di dare un look moderno e curato al loro lavoro. Final Cut è fatto per questo: la ricerca di semplicità d’uso non può essere vista come l’inizio del disinteresse di Apple verso i creativi “pro”, così come il prezzo – meno di un quarto della precedente versione – non deve ingannare. Siamo di fronte ad un programma fatto per lavorare davvero, che sconta qualche peccato di gioventù, ma non è per questo privo di un futuro importante.

Stefano Blasi

Software di editing video Apple Final Cut Pro X  Prezzo euro 239,99

Requisiti di sistema

Computer: Mac con processore Intel Core 2 Duo o superiore

RAM: 2 GB minimo, 4 GB raccomandato

Scheda grafica: compatibile OpenCL o Intel HD Graphics 3000 o successiva, VRAM 256 MB minimo

Schermo: risoluzione minima 1280×768

Sistema operativo: Mac OS X v10.6.7 o successivo, con ProKit 7.0 o successivo

Spazio su disco: 2.4 GB

La pagella 

ESTETICA 10/10 

Interfaccia elegante, con colori grigio metallo e dettagli rifiniti ed animazioni delle clip molto belle: c’è Cocoa, e si vede.

COSTRUZIONE 9/10

Architettura a 64 bit, uso combinato di GPU e CPU e supporto nativo per i formati tapeless più diffusi: gli sviluppatori hanno fatto un buon lavoro.

VERSATILITÀ 7/10

Qualche mancanza inattesa (file della Red, editing multicam ed esportazione in formati di interscambio) abbassa il voto di un prodotto dalle grandi ambizioni. Attendiamo i prossimi aggiornamenti.

PRESTAZIONI   9/10

Velocità, stabilità e prestazioni in real time segnano un evidente passo avanti rispetto al passato, ma serve una macchina aggiornata e ben corazzata.

RAPPORTO Q/P 10/10

Il prezzo è incredibile: 239 euro – un quarto rispetto a Final Cut Studio 3 – per portarsi a casa un software di impostazione nuova, le cui potenzialità sono di lunga gittata.

Pro

Interfaccia

Architettura 64 bit

Workflow HDSLR

Gestione dei contenuti

Preview degli effetti

Analisi automatiche

Contro

Esportazione BD/DVD limitata

No multicam

Manca supporto per file Red

No editing stereoscopico

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